Pandemia tra presente e futuro, strumenti di sopravvivenza

Questo articolo nasce dal desiderio di dare spazio alla voce sommersa, spesso inascoltata, di tanti genitori che hanno dovuto gestire i propri figli, e gestire le proprie emozioni, di fronte ad una emergenza sanitaria mai sperimentata prima.

Utilizzando informazioni scientifiche e psicologiche, ma senza per questo voler vantare alcuna pretesa, cercheremo di analizzare quanto accaduto, e di ragionare sulle conseguenze anche a lungo termine. Vorremmo dare spunti di riflessione, senza occuparci di colpe o meriti.

Questa pandemia ha chiaramente costretto i genitori a reinventare l’educazione dei propri figli, da soli, spesso in appartamenti senza giardino. Inoltre, durante il lockdown, abbiamo assistito ad un evento unico nella storia: bimbi (se figli unici) attorniati da adulti (non di rado single), senza la possibilità di confronto con i pari.

In questi mesi surreali abbiamo richiamato alla memoria, come esempio attinente del passato, l’influenza spagnola, o pandemia spagnola… ma non è totalmente appropriato, poiché 100 anni fa culturalmente e socialmente l’Italia era ben diversa, le famiglie erano più numerose, i componenti del nucleo familiare tendenzialmente abitavano tutti assieme e in più ampie case di campagna. Altro paragone è stato fatto con la pandemia influenzale del 2009, meglio conosciuta come “febbre suina”, ma in termini di numeri e di ampiezza non ci sono confronti.

Quindi possiamo certamente affermare che la situazione attuale è unica, e che purtroppo questo non porta meriti ma solo aggravi, prima di tutto su emozioni e sentimenti.

Ricordiamoci che i bambini e i minori in generale imparano per imitazione degli altri, vivendo e facendo esperienze assieme ad altri bambini, studiando e andando a scuola. Nella condivisione emerge tutto: le loro competenze, i loro interessi, il mondo circostante, è così che crescono! Non si può certo riconoscere al gruppo solo il merito di insegnare la socialità. L’imitazione è la forma principe di apprendimento per i minori e questa viene aiutata dal gioco. Giocare da soli o con un adulto è cosa ben diversa che giocare coi coetanei, come possiamo immaginare.

Cosa ha portato il Covid-19? Tante cose sono sotto gli occhi di tutti, ma sicuramente ci sono degli effetti, anche “invisibili”, da tenere ben presenti.

Tutto a un tratto i bambini hanno “perso la loro vita”: non andavano più a scuola, non potevano più praticare le loro attività preferite come sport, scout, catechismo. Gli è stato vietato per mesi di giocare in cortile assieme agli altri. Il loro mondo si è improvvisamente ridotto alle 4 mura di casa, e gli unici riferimenti rimasti sono stati i genitori, dei quali hanno assorbito nel bene e nel male gli stati d’animo. Alcuni sfortunati non hanno nemmeno avuto i mezzi tecnologici a disposizione per tenersi in contatto con la Classe e con gli amici. Mediamente più l’età cresceva, più il mondo virtuale era funzionalmente sfruttato per sfuggire al devastante isolamento.

Nella sfera emotiva di adulti e minori si sono fatti largo pian piano ansia generalizzata, disturbi del sonno, fobia sociale (ansia sociale), depressione e irrequietezza. I soggetti maggiormente “fragili” hanno sistematicamente maturato comportamenti regressivi, e crisi di vario genere (crisi di panico, attacchi d’ansia) ed enuresi notturna.

La Società Italiana per lo studio dello Stress Traumatico ci spiega bene quali meccanismi si sono attivati a causa dell’emergenza sanitaria in corso: “siamo passati da uno stato di calma fisiologica, necessaria per l’ingaggio sociale, a uno stato di difesa perché all’improvviso abbiamo avvertito di essere a rischio, a livello di macro/micro sistema e individuale”.

La costante sensazione di essere in pericolo inibisce le emozioni positive e alimenta la paura, la quale spegne gradualmente e inesorabilmente il meccanismo dell’ingaggio sociale. In un certo senso abbiamo assistito all’affievolimento della famosa motivazione di fare le cose, ecco perché abbiamo visto i bambini piano piano spegnersi, essere svogliati e privi di entusiasmo. Il timore ha senz’altro tolto ad alcuni di loro la voglia di fare, in qualche modo forse “anche di vivere”.

Una recente ricerca spiega quanto la reazione dei genitori rispetto al Covid-19 abbia influenzato quella dei figli. Sono per lo più emerse sensazioni legate a frustrazione, rabbia e paura degli adulti che si sono riversate in maniera direttamente proporzionale sulle risposte dei bambini rispetto alla situazione globale. Tali emozioni purtroppo si ritiene che possano trascinarsi anche nel lungo periodo, e che non siano quindi contestualizzate solo nel presente. Variabili come l’esposizione sistematica ai media, ai telegiornali con il costante aggiornamento sui contagi e le morti, ha inoltre influito non poco sulla stabilità emotiva di grandi e piccini. Gli appuntamenti con i marziali DPCM hanno scandito le nostre speranze e i nostri timori, modellando di volta in volta quella che sembrava essere una scontata e intoccabile libertà personale.

Si rende necessario precisare che in ambito educativo quello che pensano, fanno o dicono i genitori, diventa “la vita” del bambino, e in questa situazione ancora di più. I genitori hanno dovuto mediare con i propri timori di contagio, di isolamento, persino di morte; e successivamente di fragilità per la perdita o la riduzione del lavoro, oltre che per le limitazioni della propria libertà individuale.
Possiamo senz’altro asserire che in tutta questa situazione i genitori di ogni genere sono stati lasciati da soli, dallo Stato e dalle Istituzioni, durante il lockdown non era nemmeno assicurata l’assistenza sanitaria. Nei decreti erano previsti provvedimenti per quasi tutti, da un punto di vista economico, ma nulla a tutela della persona e dell’impatto psicologico che tutto questo stava avendo e avrebbe avuto, e soprattutto assolutamente nulla per i bambini. Molte famiglie hanno perso i loro nonni e i loro cari in maniere inaudite e inconcepibili, senza potergli stare vicino.

Ognuno ha risposto come meglio poteva, su questa Terra siamo tutti indistintamente persone che crescono ed evolvono giorno per giorno, e chiaramente la pandemia è stata un’assoluta e agghiacciante novità che ha inciso fortemente sulle emozioni primarie. Nulla è come prima e non tutto è andato e sta andando bene, ma abbiamo certamente fatto tutti del nostro meglio.

La situazione non è ancora conclusa.

Le conseguenze stanno piano piano venendo a galla e per poter andare avanti senza creare ancora più dissesto, nonostante la pesante “atmosfera globale” e le incertezze, ci consigliano di avere coraggio. Psicologi e altre figure ci suggeriscono sì di avere attenzione alle precauzioni contro la diffusione del contagio, ma al contempo di andare avanti con le nostre vite.

Per il bene dei più piccoli sarebbe auspicabile che i genitori, se ancora non l’hanno fatto, ricominciassero a pensare al futuro dei propri figli. Sarebbe fondamentale progettare per il domani, che viene costruito oggi, giorno dopo giorno. Routine, orari, movimento, alimentazione, sono tutti necessari per mantenere la crescita armoniosa. Sarebbe perfetto se i prossimi mesi invernali fossero più possibile spogli di sedentarietà, TV, Tablet e cellulare; e fossero invece pregni di attività fisica, gite all’aria aperta in mezzo alla natura. Così facendo sarà più semplice anche regolarizzare gli orari del sonno e del cibo.

Ebbene in quest’estate 2020, complice forse la difficoltà ad espatriare, le montagne sono effettivamente state prese d’assalto, quindi il consiglio è già stato seguito a pieni polmoni e senza mascherine! Ma considerati i mesi trascorsi di obbligato PC e realtà necessariamente virtuale, e considerati i timori sulla presunta seconda ondata autunnale, si rende necessario un approfondimento.
Se dovessimo tornare a gestire una quarantena aspettando i risultati dei tamponi, o speriamo di no subendo un nuovo lockdown, teniamo presente i consigli degli esperti sulla tecnologia. Fino ai 12 anni di età viene caldamente sconsigliato l’utilizzo di Tablet e di cellulari perché considerati alla stregua del fumo delle sigarette, che devia la costruzione del cervello. In sostanza fino a quella delicata età offrire un Tablet sarebbe in sostanza come offrire da fumare e forse anche peggio: i bambini coi video-giochi si abituano ad un elevato livello di movimento, tutto è veloce e molto gratificante. All’interno del cervello si attivano le sostanze del piacere e questo crea dipendenza. In particolare le risposte di gratificazione su schermo sono velocissime, ma in questo modo le risposte nella vita reale non reggono il confronto, perché il ritmo naturale è ovviamente più lento. Logica conseguenza è che col tempo la vita “vera” diventa per loro noiosa, creando così la pericolosa associazione: vita normale/noia.

Da ricordare inoltre che anche Tv e telegiornali non sono adatti ai bambini. Nemmeno la conta dei morti e dei positivi. A loro non sono utili i dati del Covid-19 e soprattutto questi creano in loro solo l’idea generalizzata di malattia e morte, e quindi di pericolo. I bambini non hanno né la capacità né l’esperienza di vita per capire esattamente cosa quelle informazioni vogliano dire. Sarebbe quindi importante filtrare attivamente tutte le notizie e i telegiornali evitando loro la visione. Oggi giorno possiamo tenerci informati, conforme il bisogno, attraverso vari strumenti e fonti: le tv online, leggendo i giornali o altro.
I bambini non hanno la possibilità di scelta. Sono cioè “obbligati” ad ascoltare quello che i genitori dicono o vivono. Normalmente non possono dire (e non sono nemmeno maturi abbastanza per farlo) “non ho voglia di sentire queste cose”. Anzi spesso, loro malgrado, si appassionano al mondo degli adulti.

E per gli adulti invece, cosa è meglio fare?

Stare nella realtà dei fatti, acquisendo informazioni sì ma non in maniera ossessiva, conoscere quindi il quadro generale di questa situazione senza allarmismi, eccessive preoccupazioni e fobie di contatto che ci impediscano ancora di ristabilire la nostra socialità. Dobbiamo metabolizzare che siamo dentro ad un evento mai accaduto. Abbiamo nelle nostre mani gli strumenti per tutelarci, osservare le norme anti-contagio è responsabilità di tutti, ma oltre a questo sarebbe anche indispensabile prenderci cura del nostro mondo interiore, ristabilendo momenti di distensione in cui zittire i pensieri, soprattutto quelli insidiosamente negativi. Fare finta di niente e riprendere la vita di prima, non serve a nulla e non aiuta a metabolizzare gli eventi. Disperarsi per i problemi creati dalla chiusura, non aiuta a risolverli o a trovare strategie alternative.

Imparando ad ascoltare il corpo e ad accorgerci quando sale la tensione, potremmo provare ad agire per recuperare la calma. Abbiamo bisogno di un nucleo protetto, dentro di noi, in cui rifugiarci quando all’esterno arrivano troppi messaggi poco rassicuranti. Troviamo molti consigli e molti tutorial su web, il respiro consapevole, la meditazione, arte-terapia, danza-terapia, ecc.
È fondamentale, qualora non sia possibile autonomamente gestire sensazioni di disagio, rivolgersi ad uno specialista per avere consigli mirati e adeguati al caso.

“Alla faccia” di questa pandemia abbiamo imparato a sperimentarci in dimensioni nuove, abbiamo avuto tempo e spazi mai sperati, sappiamo ormai per certo di essere un ingombro per la natura che ci circonda, ma almeno adesso, al di là di ciò che potrebbe o non potrebbe accadere, sappiamo che per sopravvivere dobbiamo imparare a goderci i momenti di riposo. Sforziamoci di ritagliare per noi stessi del piacere e del benessere tutti i giorni, soprattutto nelle piccole cose.

Dobbiamo ammettere che grazie a questo virus abbiamo imparato a non dare nulla per scontato, e a voler vedere, questa è la ricchezza più grande che potevamo conquistare.

Tornando a piè pari nel tema della scrittura manuale, decisamente appropriato su questo sito che si chiama “disgrafia-verona”… vogliamo consigliare tra i rimedi all’ansia facilmente abbordabili e casalinghi, la grafo-terapia. Scrivere a mano cura l’anima, aiuta a lenire l’ansia e a oggettivare pensieri che qualche volta riescono a divorarci. Tenere un diario, preferibilmente senza righe a foglio bianco, ci lascia lo spazio grafico e mentale per imprimere sul foglio, senza giudizio, noi stessi e il nostro mondo. Piano piano, come scienza insegna, quei minuti investiti in questa pratica potranno diventare lo scrigno di uno spazio intimo preziosissimo per ristabilire il contatto col nostro centro. La cura di ritagliare e proteggere quel tempo della giornata dedicato a noi stessi, sarà un piccolo ma immenso regalo capace forse di farci sorridere nell’attesa di incontrarlo. Nella tranquillità del movimento grafo-motorio la penna danza tracciando, sotto forma di pensieri, prima di tutto i movimenti dell’anima. Così facendo, nel silenzio, le emozioni prima scalpitano e poi si placano. Scegliete la vostra penna o la vostra matita, scegliete con attenzione il vostro quaderno o diario. Fatene una pratica più possibile quotidiana e anche se potreste, in alcuni momenti, non sentire di aver nulla da scrivere, state lì e aspettate, respirate e non chiedetevi nulla. Recenti studi affermano quanto, anche per i bambini e per i ragazzi, sia prezioso scrivere a mano tutti i giorni un pensierino o più: innanzitutto manterrebbe viva la pratica di questa abilità, che è indispensabile per scongiurare i peggioramenti registrati durante la quarantena, ma poi servirebbe anche a loro per dare ordine e per calmare il turbinio di emozioni e di pensieri.

Siamo uguali alla nostra grafia, siamo unici e irripetibili.

La scrittura a mano ha un valore antropologico universale, è la manifestazione oggettiva dell’unicità di ciascun individuo, è compagna di vita dallo scarabocchio sino al testamento. L’atto della scrittura unisce in una “melodia cinetica” l’essere uomo nella sua totalità, perché chiama in causa la mente, il cuore e la mano. Nessuno ha il diritto di privare le generazioni future di tale ricchezza: abbiamo il dovere e la responsabilità di salvaguardarne l’esistenza mediante un’importante e vasta operazione culturale e sociale…” (Istituto Grafologico Moretti)

Avanti tutta e buon Anno Scolastico alunni!

Autori:

dottoressa Dialisa Salamone
grafologa Educatrice del Gesto grafico

dottoressa Barbara Filippi
pedagogista ed Educatrice

dottor Carlo Brunori
Psicoterapeuta

 

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