Negli anni che ho trascorso facendo conferenze e tenendo corsi di formazione sulla scrittura manuale e i suoi deficit, prima di questa pandemia, il dibattito sull’importanza di mantenere attiva questa pratica oppure no è sempre stato molto acceso. Ho incontrato il sostegno di genitori per i quali era impensabile “congelare” la scrittura difficoltosa del figlio sostituendola con il solo PC, e insegnanti che difendevano questo “strumento compensativo” come una risorsa fondamentale per consentire al loro alunno di stare al passo con la Classe, evitandogli così ogni sorta di frustrazione. Entrambi i punti di vista devono essere presi in considerazione, ma iniziamo dal principio.
Imparare a scrivere a mano è un processo lento e complesso, in cui l’allenamento iniziale è di fondamentale importanza. Non sto parlando dell’età della scolarizzazione, mi riferisco a ben prima. I bambini iniziano ad esplorare l’impugnatura di uno strumento scrittorio molto presto, alla mano poi servono anni per diventare capace e precisa, e nel frattempo si renderebbe indispensabile guidare gradualmente alla corretta presa, senza aspettare troppo.
Per preparare mente e corpo all’apprendimento della scrittura manuale servono diversi tipi di esperienze, che non tutti i futuri alunni sono predisposti spontaneamente a sperimentare fino in fondo. Anzi, direi che sempre meno bambini sono “pronti” al momento giusto. Il periodo dell’infanzia è di fondamentale importanza per gettare le basi sulla capacità di apprendimento in generale, e l’aspetto motorio è imprescindibile. Siamo lentamente e inesorabilmente arrivati a quelli che definirei essere dei “deficit” derivati da una scarsa capacità fino-motoria che è alla base di tutte le attività evitate proprio da quei bambini che ne avrebbero più bisogno. Non importa con quale età io mi relazioni per lavorare sul recupero della scrittura: la quasi totalità degli alunni che seguo fa fatica ad allacciarsi le scarpe e capita sovente che, come rimedio, vengano semplicemente dotati di scarpe con gli strappi. Questo però fa perdere un allenamento prezioso al bambino, che inoltre non conquista la soddisfazione di diventare “capace”. Purtroppo spesso, per mancanza di tempo o per mancanza di pazienza, tutte quelle attività fatte anche di precisione diventano un ostacolo, e l’adulto trova astute strategie per evitare che i figli debbano farci i conti. Ma più gli anni passano e più ci vorrà del tempo per diventare abili, mentre l’infanzia è un periodo particolarmente proficuo, dove inizia a prendere forma anche l’autostima.
Come si può pretendere, quindi, di costruire un apprendimento così complesso come la scrittura manuale, quando sempre più spesso vengono a mancare parte delle fondamenta?
A scuola, di fronte a una marcata difficoltà di scrittura o ad una disgrafia, si innescano dei meccanismi funzionali a preservare il ritmo della classe, anche perché solo dalla fine della Seconda Primaria si può accedere all’iter per un’eventuale certificazione DSA (=Disturbi Specifici dell’Apprendimento, di cui fa parte la disgrafia). È consuetudine aggirare l’ostacolo “mano-scrittura deficitaria” attraverso strategie didattiche personalizzate, ribadite in ogni certificazione. Tra queste spiccano l’utilizzo del solo modello stampato e l’utilizzo del PC, in alcuni casi con l’obbligo del potenziamento nel typing (la digitazione a dieci dita sulla tastiera).+
Nel frattempo il “problema” resta in famiglia, strettamente collegato sia all’importanza che la scrittura manuale ha avuto nella storia scolastica dei genitori, sia al loro livello di complicità di coppia. I miei colloqui normalmente avvengono proprio con genitori che, prese le informazioni del caso, desiderano capire meglio che possibilità di recupero ci siano per i figli. Agendo così, indipendentemente dall’ottenimento o meno della certificazione di disgrafia, desiderano arginare il più possibile il rischio che questi affrontino con troppa fatica il percorso scolastico, continuando a non poter rileggere bene la loro stessa grafia. In particolare alle Secondarie la fase di correzione delle verifiche potrebbe sfociare repentinamente nella diminuzione di punteggio, soprattutto se l’alunno ha un “deficit” (difficoltà grafo-motoria) non definibile e tutelabile come “disturbo” vero e proprio (disgrafia con relativa Legge sui DSA). Non di rado i voti si riducono proprio a causa della difficoltà o dell’impossibilità dei professori di “decodificare” il codice scritto, o per mancanza di pazienza o per fisiologico e comprensibile offuscamento della vista.
Difficilmente si leggono informazioni scientifiche sul vasto argomento scrittura, e ancora più raramente si sente parlare della ricchezza che questo apprendimento, in particolare del modello corsivo, può donare allo sviluppo delle connessioni neuronali durante l’età evolutiva.
Facendo riferimento proprio alla scienza, in questa seconda metà del 2020 (con mio estremo stupore, considerato il momento storico), è stata pubblicata una ricerca molto dettagliata, basata su giovani adulti e ragazzi di 12 anni, che riguarda il paragone tra scrittura a mano, digitazione al computer e disegno. La ricerca è stata svolta dalla dott.ssa Audrey van der Meer e dalla sua équipe. Lei, Professoressa dell’Università Norvegese della Scienza e della Tecnologia (https://www.ntnu.edu/), lavora al dipartimento di Psicologia nell’equivalente della nostra facoltà di Scienze Sociali e Scienze della Formazione.
Tema della ricerca svolta con elettroencefalografia (=EEG) è stato verificare come reagisce il cervello alla scrittura in corsivo, messa a confronto col typing (digitazione) e col disegno.
Van der Meer e colleghi hanno utilizzato un monitoraggio EEG ad alta densità per studiare come l’attività elettrica del cervello differisse quando un gruppo di ragazzi dodicenni e di giovani adulti stavano scrivendo in corsivo, digitando su una tastiera o disegnando visivamente parole presentate loro usando una penna digitale su di un touchscreen, o usando carta e matita tradizionali.
I risultati suggeriscono che il mancato apprendimento della grafia corsiva può ostacolare il potenziale ottimale del cervello, poiché essa lo prepara ad apprendere e a ricordare stimolandolo con la sincronizzazione delle onde cerebrali.
Gli autori spiegano: “La letteratura esistente suggerisce che tale attività neuronale oscillatoria in queste particolari aree del cervello è importante per la memoria e per la codifica di nuove informazioni e, quindi, fornisce al cervello condizioni ottimali per l'apprendimento”. Anche se gli studenti usano penne digitali e scrivono a mano sullo schermo di un computer interattivo, la grafia corsiva aiuta comunque il cervello ad apprendere e ricordare meglio. Questi risultati (Askvik, Van der Weel e Van der Meer, 2020) sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Frontiers in Psychology.
Audrey van der Meer il 1 ottobre 2020 ha dichiarato pubblicamente: “Considerato lo sviluppo degli ultimi anni, noi rischiamo di far perdere a una o più generazioni la capacità di scrivere a mano. La nostra ricerca e quella di altri mostrano che ciò sarebbe una sfortunatissima conseguenza dell’aumentata attività digitale”.
Questa ricerca si aggiunge a un crescente corpo di prove e ricerche basate sulle neuroscienze, che riguardano proprio l’importanza di imparare a scrivere a mano.
Quasi un decennio fa, i ricercatori (James & Engelhardt, 2012) utilizzarono la neuro-immagine (MRI) per studiare gli effetti della scrittura a mano sullo sviluppo funzionale del cervello nei bambini piccoli. Karin James e Laura Engelhardt scoprirono che la scrittura a mano (ma non la digitazione o il tracciamento delle forme delle lettere) attiva un unico "circuito di lettura" nel cervello. Gli autori dichiararono: "Questi risultati dimostrano che la scrittura a mano è importante per il precoce reclutamento nell'elaborazione delle lettere di regioni del cervello note per essere alla base di una lettura di successo. La scrittura a mano, quindi, può facilitare l'acquisizione della lettura nei bambini piccoli", notarono le autrici.
Un altro recente studio fMRI (Longcamp et al., 2017) sulle abilità di lettura e scrittura in bambini e adulti, ha scoperto che: "La padronanza della scrittura a mano si basa sul coinvolgimento di una rete di strutture cerebrali le cui interconnessioni sono specifiche per la scrittura di caratteri alfabetici, e che queste abilità sono anche la base per lo sviluppo di attività linguistiche più complesse, che coinvolgono la conoscenza ortografica e la composizione dei testi ".
Tornando alla ricerca cardine del 2020, gli autori riassumono:
"In ragione dei benefici dell'integrazione senso-motoria dovuta al più vasto coinvolgimento dei sensi, come pure ai movimenti fini e precisamente controllati della mano, sia per la scrittura che per il disegno, è vitale mantenere entrambe le attività in un contesto di apprendimento per facilitare e ottimizzare l'apprendimento medesimo ".
Audrey van der Meer e i suoi colleghi della NTNU stanno chiedendo ai responsabili politici di implementare linee guida che garantiscano ai bambini in età scolare di ricevere un minimo di formazione sulla scrittura a mano, ed incoraggino gli adulti a continuare a scrivere a mano. "Quando scrivi la tua lista della spesa o gli appunti a mano, in seguito ricordi semplicemente meglio il contenuto", ha detto Van der Meer nel comunicato stampa, concludendo che:
"L'uso di carta e penna dà al cervello più 'ganci' su cui appendere i tuoi ricordi. Scrivere a mano crea molta più attività nelle parti senso-motorie del cervello… molti sensi vengono attivati premendo la penna sulla carta, guardando le lettere che scrivi e ascoltando il suono che fai mentre scrivi. Queste esperienze sensoriali creano un contatto tra le diverse parti del cervello e lo aprono all'apprendimento".
Alla luce di tutte queste informazioni scientifiche è corretto rispondere al quesito iniziale asserendo che è di fondamentale importanza mantenere attiva la scrittura manuale e promuoverla in maniera strutturata sin dall’approccio iniziale, poiché essa aiuta il cervello ad apprendere e a ricordare meglio, favorendo inoltre l’acquisizione della lettura e dell’ortografia.
Dott.ssa Dialisa Salamone
Grafologa Educatrice del Gesto Grafico
RIFERIMENTI – SCARICA PDF COMPLETO DELLA RICERCA
- Eva Ose Askvik, F. R. (Ruud) van der Weel e Audrey L. H. van der Meer. "L'importanza della scrittura corsiva rispetto alla dattilografia per l'apprendimento in classe: uno studio EEG ad alta densità su bambini di 12 anni e giovani adulti." Frontiers in Psychology (prima pubblicazione: 28 luglio 2020) DOI: 10.3389 / fpsyg.2020.01810
- link all’articolo di riferimento tradotto in italiano della prof.ssa Annarosa Cerrini: https://www.researchgate.net/publication/343261870_The_Importance_of_Cursive_Handwriting_Over_Typewriting_for_Learning_in_the_Classroom_A_High-Density_EEG_Study_of_12-Year-Old_Children_and_Young_Adults -
- Per ulteriori informazioni sui vantaggi per il cervello di mettere da parte le nostre tastiere, vedere "Perché scrivere a mano potrebbe renderti più intelligente" di William Klemm.)